Sul portale del civ. n. 17 di Canneto il Lungo si nota lo stemma delle famiglie Cicala e Donghi che si sono succedute nella proprietà dell’edificio.
Nell’ovale marmoreo è raffigurata un’aquila coronata, mentre sul trave è inciso il motto: “Mora non Reqvies”.
Curioso il fatto che il rapace fosse il simbolo di entrambe le famiglie:
un’aquila su sfondo rosso coronata d’argento quello moderno dei Cicala, su azzurro coronata d’oro quella dei Donghi.
Proprio sotto la targa che identifica il caruggio dedicato all’animale mitologico metà aquila e metà leone, simbolo di Genova, si trova una lapide dalla difficoltosa interpretazione.
Causa infatti parti mancanti ed una profonda crepa il testo risulta poco decifrabile:
Facvltas Concessa M.co Philippo Cattan Q . Io Iacob / Collocandi in vitro (…) ine Hvivs Vicvl – / Rastra Ferrea ad Ipsi (…) ingressvm Noctv / Prohibendvm Sit ad Beneplacitvm Ill.m / Magvs. Patrvm Commvnis et cvm Onere / ea Divrnis Temporibvs Aperiendi Habita / Pro Caeteris Relatio (…) ad Decretvm Con / Die 25 Ian: 1686.
All’interno del chiostro delle Vigne è murata fra le ardesie una piccola tavella del XIII sec. con San Giorgio che uccide il drago.
La scena rappresentata nel marmo è quella classica ma è particolare sia perché scolpita con un pronunciato rilievo sia perché, al posto della principessa raccolta in preghiera, è raffigurato un anonimo personaggio in ginocchio.
La facciata della chiesa di S. Anna è impreziosita dallo splendido portale in marmo bianco con trave decorato con un cinquecentesco bassorilievo raffigurante la Sacra Famiglia.
Nella zona verso S. Maria di Castello i giardini che degradano sul colle in quell’epoca facevano parte del confinante complesso di S. Maria in Passione. Quest’area, oggi chiusa da una grata di ferro, costituiva l’antica piazza di S. Silvestro, l’originario ingresso degli omonimi convento e chiesa.
La contrada venne ripetutamente danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale ma nonostante ciò il magnifico portale barocco rimase intatto.
Così l’importante scultura realizzata nel 1707 nel dopo guerra venne trasferita nel cortile del giardino di Palazzo Rosso.
Per la sua complessa realizzazione collaborarono tre maestri dello scalpello:
i due splendidi angeli alati che fungono da telamoni infatti sono opera di Giacomo Gagini, il medaglione sorretto da due angeli di Carlo Cacciatori, mentre gli elementi architettonici, di Angelo Maria Mortola.
In Salita Pollaiuoli distogliendo un attimo lo sguardo dal vorticoso via vai di persone che si inoltrano nel budello dei caruggi si rimane sorpresi. All’angolo con Vico Lavezzi a meravigliare è la singolare posizione del portale, quasi sospeso, che si scorge all’altezza del del civ. 50r.
Si tratta del secentesco Ninfeo collocato sul terrazzo del retro di palazzo Spinola Serra. Splendide sono le due figure fito antropomorfe che sorreggono il timpano.
A tale sontuosa dimora si accede da Via Canneto il Lungo 31.
In Piazza delle Erbe in corrispondenza del civ. 25r. si trova una secentesca edicola di Madonna col Bambino.
La statua della Vergine con in braccio Gesù è ricoverata all’interno di una profonda quanto essenziale nicchia.
In origine Maria era incoronata e, a testimonianza della sua importanza, onorata con numerosi ex-voto che pendevano da un ‘apposita cornice lignea.
Alla base l’epigrafe recita:
“Tugermen. Aptum Proferens” e l’anno 1993 data dell’ultimo restauro.
Foto di Giovanni Caciagli.
In via di Santa Croce, all’altezza di Salita della Seta, campeggia un’antica Madonna col Bambino.
Dentro una nicchia di stucco la Vergine tiene in braccio il Bambino mutilo purtroppo della testa.
Non si conosce con precisione la datazione della scultura anche se di certo si sa essere posteriore al ‘500, epoca nella quale era stata per anni erroneamente inquadrata.
Si tratta di un calco dell’originale custodito presso il museo di S. Maria di Castello.
Sulla facciata della chiesa intitolata a San Filippo Neri protagonista assoluto è il portale che contiene, in un tripudio di angeli, non uno, bensì due settecenteschi capolavori:
il primo è la statua della Madonna Immacolata di Pasquale Bocciardo.
La Vergine incoronata dalla raggiera dello Spirito Santo si erge su una nuvola di cherubini, accompagnata dall’alto dall’amorevole sguardo di un angioletto che spunta dal timpano.
il secondo è il medaglione che raffigura San Filippo opera di Carlo Cacciatori, allievo del più celebre Francesco Maria Schiaffino.
Il Santo sembra dialogare, quasi a rassicurarli, con i due cherubini che sorreggono l’elegante ovale.
In alto due angioletti assistono alla scena.
“Deiparae in coelum assumpta”così recita il cartiglio posto in cima al portale della basilica di Carignano intitolata ai SS. Fabiano e Sebastiano e all’Assunta.
Il maestoso portale realizzato nel 1722 dallo scultore carrarese Francesco Giovanni Baratta è impreziosito da una statua della Vergine Assunta.
All’interno di una sfarzosa cornice la Madonna è rappresentata infatti, accompagnata dagli angeli, nel momento mistico della sua ascesa in cielo.
La magnifica scultura, capolavoro del ‘700, venne iniziata dal borgognone Claude David e, dopo la sua morte, terminata nel 1722 dal genovese Bernardo Schiaffino.
Sotto alla sacra scena un cartiglio assai più terreno ricorda invece i protagonisti delle vicende legate all’elezione dell’edificio religioso:
il capostipite Bandinello Sauli committente nel 1481 della chiesa e i suoi eredi Stefano nel ‘500 e Domenico nel ‘700, rispettivamente ideatore il primo e costruttore il secondo, dell’annesso ponte.
“Bendinellus Sauli, Basilica Stephanus Nepos ponte legavit, Domenicus abnepos perfecit.
An.S. MDCCXXIV. (1724).
Foto di Paola Gatti.