Sul fronte del civ. n. 19 in Via Chiabrera una lapide ricorda che qui, nell’abitazione di Antonio Gavotti, fra il 1830 e il 1832 si riunivano i cospiratori della Giovine Italia:
In Queste Mura / Nella Sala d’Armi / di Antonio Gavotti / Uniti nel Pensiero della redenzione Italica / Convennero dal 1830 al 1832 / Mazzini, Ruffini, Biglia, Miglio, Orsini / e altri Patrioti / che la Gloria della Fondata / Giovine Italia / Fecondarono col carcere coll’esiglio della Morte / Il Circolo Libero Pensiero 5 Maggio 1894.
Al civ. n 1 di Piazza Pinelli è possibile ammirare uno splendido portone in pietra con semi colonne doriche in marmo.
Il trave in pietra nera è impreziosito da decorazioni con elmi e clipei marmorei.
Come altri nell’omonima piazza il palazzo è proprietà della famiglia di origine germanica e di fede ghibellina dei Pinelli, fondatori dell’albergo nobiliare degli Scipionibus.
Il portone è in ferro battuto con borchie e baracchino decorato.
Sulla facciata del palazzo sono ancora visibili cospicue porzioni dei colorati affreschi secentesche che lo decoravano.
Nel quartiere del Carmine in via S. Agnese n. 13 si trova quel che resta del tabernacolo vuoto di una settecentesca edicola barocca.
In origine il piccolo tempio conteneva una statua di Madonna con Bambino, oggi scomparsa.
Sul fastigio si distingue una testa di cherubino mentre alla base si nota un cartiglio con il monogramma di Maria.
L’azzurro intenso del rivestimento lascia immaginare quanto fosse colorata e vivace quest’edicola che, oggi purtroppo, versa nel più completo abbandono.
In piazza Cattaneo è affissa una lapide che ricorda Antonio Malfante mercante genovese del XV sec.
La pietra celebrativa venne apposta nel 1936 in piena epoca fascista come propaganda delle imprese colonialiste del regime.
Antonio Malfante fu infatti il primo uomo occidentale di cui si ha notizia a viaggiare via terra nel nord Africa.
Tra il 1446 e il 1447 la carovana di Antonio penetrò nella zona sahariana e sub sahariana spingendosi poi alla ricerca del leggendario oro di Palola.
Imparò diverse lingue locali e strinse rapporti commerciali con i potentati degli attuali stati di Marocco e Algeria. Presso quest’ultimo sultanato ottenne addirittura protezione dallo sceicco Sidi Yahia ben-Idir.
Antonio raccolse in un diario le informazioni, frutto delle conversazioni con lo sceicco, sulle popolazioni del Sahel e dell’Antica nera.
A lui si devono, ad esempio, le prime notizie sulla tribù nomade dei Tuareg.
Il pioniere genovese fece in tempo a tornare a Genova per illustrare alla nobiltà mercantile cittadina le enormi potenzialità delle terre da lui visitate.
Il coraggioso esploratore morì purtroppo a soli quarant’anni nel 1450 a Maiorca nelle Canarie scoperte anch’esse, guarda caso, nel 1312 da un altro navigatore genovese, Lanzarotto Maloccello.
Piazza della Stampa deve il suo nome al fatto che nel 1471 fu la sede del primo laboratorio tipografico cittadino fondato da due artigiani alemanni Lamberto di Delft e Antonio da Anversa.
Protagonista assoluta del luogo è la duecentesca loggia delimitata da due grandi arcate ogivali in conci bicrome e sormontata da una cornice di archetti.
Al centro, come se nulla fosse, una spettacolare colonna romana in granito con capitello a foglie grasse.
La base tonda della colonna poggia su un grande basamento in conci quadrati che ha la funzione di sollevarla dal livello scosceso del civico.
La loggia è occupata da un esercizio commerciale. Per ragioni pratiche è stata spaccata e chiusa con una pacchiana lunetta in ferro e vetro.
A fianco è affissa una lapide inerente questioni di vicinato che recita:
Servitvti Perpetve Erga Domos / Vicinas / Et ad Beneplacitvm Dominorvm Earvndem / Platea hec Obnoxia Esto / vt ex Instrvmento Penes. Not. Ioem Stephanvm / Ansaldvm Diei 9 Aprilis 1699.
In copertina: la loggia di Piazza della Stampa. Foto di Roberto Crisci.
Alla fine di Via Balbi direzione Principe, sul civ n. 146r. è affisso un bassorilievo marmoreo dalla curiosa forma ottagonale.
L’edicola tardo secentesca è nota con il nome di Madonna del Rosario perché la Vergine, al centro della scena, tiene in braccio il bambino e in mano – appunto- il rosario.
All’inizio di Via Balbi, proprio sul retro del lato sinistro della chiesa dell’Annunziata, si trova una minuscola piazzetta con l’accesso al Convento Francescano.
L’imponente portone dell’edificio è sovrastato sul timpano spezzato da un’elegante edicola rettangolare.
La scena raffigurata è quella classica con la Vergine inginocchiata che riceve dell’arcangelo Gabriele la buona novella.
Sul trave del portale un cherubino alato con sotto un rilievo con due braccia incrociate.
Anticamente via Galata, prima di essere intitolata in onore del quartiere genovese di Istanbul, era nota come “creuza magra” e collegava il convento di Nostra Donna del Rifugio (attuale piazza Brignole) con le pendici del colle di Carignano.
La direttrice inglobava a quel tempo anche l’odierna via Cesarea nel tratto dove sorgeva il grande edificio del manicomio costruito nel 1830 e demolito, a fine secolo, in occasione della costruzione di via XX Settembre.
Al civ. n. 25 di via Galata si trova uno splendido medaglione marmoreo settecentesco di autore ignoto.
Nel tondo è scolpita a rilievo una raffinata rappresentazione di Madonna col Bambino.
In copertina: medaglione di via Galata 25. Foto di Franco Risso.