Il toponimo del caruggio trae origine dalla famiglia Giannini originaria di Favale di Malvaro nell’entroterra chiavarese. Amedeo Pietro emigrato a fine ‘800 in America fondò prima la Banca Italiana della California e poi la Banca d’America e d’Italia con lo scopo di fornire prestiti senza interessi ai coltivatori in difficoltà che ne avessero effettivamente bisogno.
Al civ. n. 11 si trova l’edicola della Madonna con Bambino del XVIII sec. con struttura in stucco e dipinto ovale. La Vergine indossa una veste turchese. Due teste di cherubini alati sorreggono il timpano curvilineo. Il cartiglio sul basamento risulta illeggibile
In Via San Bernardo c’è una bottega dove regnano tutti i colori dell’iride e trionfano aromi provenienti da ogni angolo del pianeta.
É la storica Drogheria Torielli aperta, in origine dall’altro lato della via, a fine ‘800.
Nel piccolo locale si trova di tutto dalle spezie ai coloniali fino ai tradizionali “reganissi”.
Tutto minuziosamente catalogato in graziosi vasetti etichettati a mano ed esposti su mobilio ereditato da una vecchia farmacia.
All’angolo con Via Chiabrera si nota una settecentesca edicola con una piccola Madonnetta. La nicchia è avvolta in tradizionali volute e riccioli con fogliami mentre sul fastigio domina la classica raggiera con lo Spirito Santo. Ai lati due teste di cherubini alati. La statuetta originale della Vergine è andata persa ed è stata sostituita con una mediocre recente versione.
La Grande Bellezza…
In Via della Porta Soprana al civ. n. 1 la scenografica edicola della Madonna Assunta. Il tempio di forma neoclassica è del XVIII-XIX sec. La statua invece è anteriore del XVII-XVIII sec. Un chiaro omaggio all’Assunta del Puget della ex chiesa dell’Albergo dei Poveri. Due cariatidi femminili sorreggono il timpano triangolare. La statua che rappresenta la Vergine posta su una nuvola con angeli e cherubini è protetta da un vetro. Una raggiera le incornicia la testa. Alla base portava in origine l’epigrafe: “HORNATUS HIC / Et PIETATE Et PLACIDO / Et Ad BENEPLACITUM ILL. DD. COMIS. 1852”.
L’edificio, detto casa Massuccone, venne progettato dopo il 1776 da un giovanissimo emergente architetto, Carlo Barabino. Sul trave del portale marmoreo con semicolonne doriche l’epigrafe: “Animus Aequus Satis”.
In Via delle Grazie il portone del civ. 48r un tempo costituiva l’ingresso del Palazzo Adorno al civ. 13.
Oggi è sede di una frequentata trattoria chiamata con il nome della via.
Il prezioso portale del 1515 scolpito in pietra nera di Promontorio presenta nella lunetta centinaia di teste imperiali. Fra queste, secondo gli storici dell’arte, molte cinte con corona d’alloro, raffigurano il committente dell’opera.
Gli Adorno erano una potentissima famiglia originaria della Germania passata alla storia per la sua secolare contesa con il casato rivale dei Fregoso. Fornirono alla Repubblica ben sette Dogi e numerosi Senatori. Nemici di Andrea D’Oria Nel 1528 l’ammiraglio impedì loro di costituirsi in autonomo albergo e confluirono così in quello dei Pinelli. La schiatta degli Adorno si estinsero al principio del ‘800 quando, imparentati con i Cattaneo, formarono il ramo dei Cattaneo Adorno.
Tornando al portale sull’architrave sono incise scene di lotta, un cavaliere con vessillo, due coppe con mascheroni e motivi floreali. Al centro due angeli che sorreggono uno stemma abraso.
Il sovrastante fastigio in pietra e marmo è un bassorilievo secentesco con la scena della Pietà.
L’interno del locale presenta il soffitto con volte in peducci in pietra nera e rosone al centro.
Nel sopraluce, infine, sempre in pietra nera una tavella con Madonna col Bambino, due teste imperiali e il trigramma di Cristo.
In Via Campo Pisano 12 all’interno di un tabernacolo rosso vivo il dipinto, ormai illeggibile, di Madonna col Bambino. L’edicola in stucco presenta elementi decorativi classici quali riccioli e motivi floreali che la incorniciano fino al vertice con tre teste di cherubini affacciate sulla tradizionale raggiera con lo Spirito Santo.
Il portone che funge oggi da ingresso alla trattoria della Mandragola n Piazza San Cosimo n. 2r è sormontato da un portale di San Giorgio e il drago. Il cinquecentesco sovrapporta in pietra nera di Promontorio è purtroppo ormai completamente abraso. Dall’incuria e dal trascorrere del tempo si è salvata solo la piccola cornice in marmo decorata con motivi floreali.
La paternità del cinquecentesco portale di Palazzo Cattaneo in Piazza Grillo 1 è incerta. Per alcuni sarebbe opera di Antonio della Porta, per altri di Gian Pietro Gagini. Di sicuro si tratta di un capolavoro dalla struttura piuttosto complessa: le paraste sono prive di basamento e partono direttamente da terra interrotte a tre quarti da dei semi capitelli quasi a voler rappresentare la partenza di un secondo portale sovrapposto.
Nella parte di sinistra il motivo a candelabra impreziosito da uccelli esotici è sovrastato da un cesto di frutta e fiori metafora dell’Amor Dei. In cima al semi capitello campeggiano antiche armi (romane). Nella parte di destra predominano invece i decori floreali completati da uno splendido pellicano ad ali spiegate, simbolo dell’Amor proximi. Sopra ancora armi, stavolta moderne (lombarde).
Sull’architrave a sinistra un uomo cavalca un liocorno mentre a destra una donna è in groppa ad un leone. Al centro lo stemma abraso del casato . Sempre a sinistra i decori floreali hanno alla base due delfini (che simboleggiano la salvezza, la pace, la fortuna) cavalcati da aquilotti. A destra invece campeggiano due mostri marini con la testa a forma di fiore che vengono imboccati da pennuti ad ali spiegate.
L’imponente fastigio sovrastante con i due angioletti che reggono il trigramma di Cristo e il coronato monogramma di maria è stato aggiunto nel ‘600.
Sullo sfondo s’intravvede lo spazio, oggi murato e adattato a ripostiglio, dove nel 1622 Bartolomeo Bianco, così riportano gli inventari, aveva inserito un ninfeo con volta a conchiglia e mascherone sul fastigio.
Il toponimo di Vico del Papa non è riferito al Pontefice ma trae origine dal nome di un’antica taverna presente in loco nei secoli passati.
Nel caruggio, all’angolo con Vico dietro il Coro delle Vigne, si trova la settecentesca edicola della Madonna con Bambino e San Giovannino.
All’interno del tempietto con semi colonne classiche si dipana la scena con i protagonisti scolpiti in posizione sporgente: la Vergine in piedi mostra il Bambinello che impartisce la benedizione ai presenti e regge con la mano sinistra un piccolo globo. San Giovannino è raffigurato, come da copione, inginocchiato in preghiera. Il tabernacolo è costruito su tre spettacolari teste di cherubini. Sopra, al centro del timpano, il Padre Eterno regge anch’egli in mano la terra. La composizione è arricchita da teste di angeli che reggono il cartiglio centrale sul quale poggia la trabeazione rifinita da un’ultima testa di angelo che raccorda il timpano spezzato.
Purtroppo il cinquecentesco portale del civ. n. 2 di Via Fossatello risulta in pessimo stato di conservazione. L’opera attribuita ai maestri Donato Benti e Benedetto da Rovezzano presenta infatti gli inesorabili segni del tempo.
Al centro del trave si osserva un ovale con il trigramma di Cristo e il monogramma di Maria successivamente apposti per coprire uno stemma abraso.
La presenza sul capitello di destra di una piccola aquila lascia presumere che la dimora appartenesse al patrimonio immobiliare dei D’Oria o comunque di una famiglia ad essi legata. A sinistra invece una figura femminile stringe in mano delle fronde.
Sopra i capitelli spunta una piccola testa di cherubino alato. Alla base dei pilastri dei grifoni posti in posizione speculare con al centro una pisside e, in mezzo, due piccoli cartigli muti dei quali quello di sinistra disegna due profili umani in forma floreale.
Il portale è riccamente scolpito: oltre all’aquila e ai grifoni compaiono altri numerosi animali quali delfini, vari tipi di uccelli, pesci e mostri marini e ancora cornucopie con campanelle, testine e cherubini alati.
Al civ. n 3 di Piazza Fossatello si trova la Madonna col Bambino conservata all’interno di un tradizionale tabernacolo in marmo con timpano curvo spezzato e lesene con mezze figure di angeli.
La settecentesca immagine originale invece è andata perduta ed è stato sostituita da una più recente (di fine ‘900) riproduzione del celebre pittore e incisore genovese Ugo Lombardo.