Particolare di quest’edicola è il fatto che la statua della Vergine con il Bambinello è ricoverata all’interno di una nicchia semicircolare che sovrasta il portale.
Alla base l’epigrafe recita: “Venite. Ascendamvs. Ad Domus.Dei – PS. 1 C.2. V.3.
Gli storici dell’arte non sono concordi sulla datazione.
A questo palazzo è legata un’altra curiosità che rimanda ai resti della chiesa di San Vittore di cui resta traccia nell’edificio.
La chiesa di San Vittore fu fondata nel 1156 per ospitare i pellegrini e demolita nel 1836 dai reali piemontesi per espandere gli spazi del loro attiguo palazzo.
Nel cavedio della vicina chiesa di San Sisto in Via Prè sono infatti ancora visibili brani della navata sinistra e un mozzicone del millenario campanile.
Nella suggestiva Piazzetta San Carlo si può ammirare l’ottocentesca edicola dedicata al Nome di Maria sovrastata da un antico orologio con lo stemma cittadino.
Il dipinto della Vergine col Bambino è collocato all’interno di un raffinato tabernacolo con elaborati intarsi marmorei restaurati a fine ‘900 e, quindi, ancora ben conservati.
In origine il cartiglio, oggi vuoto, recava l’epigrafe:
“Et Nomen Virginis Maria 1851. 11. 7bre”.
“Edicola del Nome di Maria in Piazzetta San Carlo”.
All’altezza del civ. n. 35 di Via del Campo si può apprezzare una sobria ed elegante Annunciazione del XV sec. in pietra nera di Promontorio.
Sulla sinistra l’arcangelo inginocchiato annuncia la lieta novella. Al centro un vaso con foglie (forse di papiro) e a destra la Vergine con accanto un rudimentale focolare.
Oggi è un ristorante self service ricavato dal piano sotterraneo rispetto al sagrato della chiesa di San Matteo. Un tempo invece questo locale era adibito a cisterna e cantina dell’attiguo palazzo Branca Doria.
Qui, durante alcuni lavori di ristrutturazione, sono state rinvenute antiche colonne di pietra e alcune tavelle scolpite.
Fra queste certo il più prezioso, datato dagli esperti attorno al 1460, è il frammento di sovrapporta che raffigura l’Annunciazione con due angeli inginocchiati in adorazione.
In Canneto il Lungo si trova una delle più antiche rappresentazioni di San Giorgio attribuita a G. Gagini.
Il sovrapporta marmoreo infatti risale al XV sec. e raffigura il Santo che trafigge il drago fra due angeli con stemmi abrasi. Sopra il trigramma gotico di Cristo.
“Sovrapporta con San Giorgio che uccide il drago in Canneto il Lungo 29r”.
Nel cuore di quella che un tempo era nota come la “Cheullia” al civ. 58 si trova quel che resta dell’edicola della Madonna col Bambino e San Giovannino.
Se la statua originaria è andata persa o, più probabilmente, rubata e sostituita con un’anonima immagine della Vergine, l’elegante tabernacolo marmoreo del 1607 si è conservato invece in buone condizioni.
L’arco tondo che chiude la nicchia, sorretto da due grandi cherubini alati, è sormontato da due cornucopie che riversano frutta.
Alla base della statua era incisa l’epigrafe:
“Svb Tvv Presidiv / An MDCVII.
Recentemente l’edicola è stata restaurata e, adeguatamente illuminata, riportata al suo antico splendore.
Al n. 8 di Piazza Pollaiuoli si trova una delle edicole più note, quella che ritrae Sant’Antonio da Padova e Santa Caterina Fieschi.
L’ovale in stucco contiene i due santi rivolti in adorazione al bambino. Sant’Antonio in ginocchio su una nube, bacia la mano del bambinello. Santa Caterina poggia su un inginocchiatoio coperto da un bel drappeggio.
In mano porta, in atteggiamento estatico, il cuore. Gesù poggia su una nuvoletta dal quale spuntano quattro teste di cherubini alati.
La grande cornice sagomata che racchiude la scena è sorretta da due angeli alati mentre angioletti e cherubini alati spuntano dalle nubi.
Completano l’immagine una grande raggiera in legno coperta da un tettuccio in lamiera lavorato.
Per i genovesi è noto come le Fatiche di Ercole ed è lo spettacolare portone di Palazzo Gio Batta Spinola al civ. n. 7 di Via Orefici.
Il cinquecentesco portale è attribuito al maestro Giacomo Della Porta: sugli stipiti due telamoni poggiano su teste mostruose (una leonina ed una umana ringhiante).
A sinistra un barbuto Ercole, avvolto nella pelle del leone Nemeo, regge in mano la sua famosa clava (ottenuta da un ulivo selvatico del monte Elicona).
Il personaggio di destra invece rappresenta un contadino glabro dal volto rilassato anch’esso con in mano una clava.
Alle basi di questi telamoni sono scolpiti due Ercoli in rilievo. quello di destra è seduto con la clava in mano, quello di sinistra è rappresentato in piena lotta con il re dei felini.
Le metope presentano elmi con testine urlanti, clipei e bucrani alternati a triglifi a mensola.
Al centro l’enigmatica testa di medusa alata. Infine, sulla trabeazione, si stagliano due eleganti figure femminili con drappeggi, anfore ai lati e in mezzo un mascherone baffuto. Quest’ultimo posto in sostituzione dell’originale stemma di famiglia asportato durante il nefasto periodo napoleonico.