In Via Prè all’altezza del civ. n. 24 si fanno tristemente ammirare i resti di un’edicola di cui non è dato sapere a chi fosse dedicata.
Il piccolo tempio, scrostato e in più parti irrimediabilmente danneggiato, versa nel più completo abbandono e degrado.
L’anonima edicola è stata riempita con una moderna e dozzinale statuetta della Madonna.
All’interno del cortile di Vico Vegetti 1, sbirciando, è possibile ammirare la settecentesca Madonna col Bambino.
L’edicola venne realizzata con una semplice cornice in stucco e senza tanti fronzoli.
Il modesto, a detta degli esperti, ma spontaneo dipinto su ardesia custodito all’interno ritrae la Vergine che tiene ritto in piedi il Bambinello mentre mostra un rosario.
Al civ. n. 50 di Via Ravecca si trova un tabernacolo con Madonna con Bambino del sec. XVI- XVII.
La nicchia poco profonda la fa pensare più adatta ad un dipinto che ad una statuetta. L’originale è andato perso ed è stato sostituito con una moderna e anonima ceramica in rilievo.
Alla base è inciso il monogramma di Maria con la corona.
Sotto il transetto destro in fondo alla chiesa di S. Maria di Castello, proprio accanto alla tomba dell’emerito medico Demetrio Canevari, si accede alla sacrestia e al suo magico mondo di arredi settecenteschi, passaggi segreti e opere d’arte.
Di queste la prima è già di per sé l’elaborato portale marmoreo di scuola toscana che ne nobilita l’ingresso realizzato nel 1452 dal maestro Leonardo Riccomanno su progetto di Giovanni Gagini.
In alto sulla cornice due angeli sorreggono il cartiglio in cui sono elencate le donazioni elargite dai Grimaldi al convento e come, di conseguenza, quella in origine fosse la loro cappella gentilizia.
Il “portale maggiore” così viene identificato dagli storici dell’arte è tutto finemente intarsiato in tripudio di decori di raffinata maestria: putti e motivi floreali si susseguono in un trionfo di rara bellezza.
Foto di Bruno Evrinetti.
Al civ. n. 1 di Via San Giorgio sotto il campanile della chiesa è impossibile non notare l’imponente rilievo che domina la strada.
Si tratta di un un grande cuore in stucco sorretto da un angioletto in volo e una cornice che conteneva un tempo una lapide il cui testo recitava:
DOM / In Divum Caietanum / Alexandri Io. Baptae et Io. Francisci Filorum / Io, Ambrosii de Dece Jam ante / Profusa Pietas et Munificentia Clericis / Regularibus a Fundamentis Domum / Erexit anno 1688.
Dai registri della chiesa si evince che al centro del cuore vi era l’arma della famiglia di Padre Alessandro da Pece che finanziò, a favore dell’ordine dei Teatini, l’acquisto dell’edificio.
Pochi sanno che il campanile in origine era in realtà la torre della famiglia degli Alberici che abitava il palazzo fin dal 1141.
Nel 1687 il palazzo venne convertito in convento e la torre opportunamente modificata, inglobata nell’edificio.
Percorrendo Via Ravecca, giunti quasi all’altezza di Piazza Sarzano, si trova il Vico del Dragone, un caruggio come tanti, il cui toponimo fornisce però curiosi spunti narrativi.
I membri della famiglia Dragoni o Dragone, di origine umbra, si distinsero come valorosi cavalieri gerosolimitani durante le crociate e per questo, sul loro scudo, potevano esibire con legittimo orgoglio le insegne con tre teste di drago. Numero di teste che venne ridotto a una sola adagiata sul corpo di una colomba da Confidato Dragoni sostenitore, prima dell’Imperatore, e poi di Papa Innocenzo II.
Secondo un’altra versione l’origine dell’etimo del caruggio deriverebbe invece dalla presenza in loco dei Draconari. Costoro erano portatori di labari con sopra dipinti dei dragoni simbolo dell’eresia. I membri di questa misteriosa confraternita non solo partecipavano a processioni e a riti esoterici ma accompagnavano anche le spedizioni militari.
In Vico Dragone 43r. si può notare una cornice lineare in stucco con tettuccio in rilievo completamente vuota.
Del dipinto una volta esposto all’interno non sono riuscito a trovare notizie.
In Via San Vincenzo 53 sul muro esterno di quella che un tempo era la Chiesa di Santo Spirito al Bisagno si può ammirare una settecentesca edicola di Madonna col Bambino.
Le statue della Vergine e di Gesù Bambino sono protette da un vetro e sovrastate da un elaborato tettuccio in ferro battuto. In alto spuntano teste di cherubini. Ai piedi della Madonna è incisa l’epigrafe:
“Ex Munifica Pietate”.
Il cartiglio sotto la mensola recita invece:
“Reddita Sanitate / Redditae / Gratiae MDCCXXX.
Il caruggio che conduceva al banco di pegno anticamente era contornato di piante ornamentali. Per questo motivo nel Medioevo Via al Monte di Pietà era conosciuta come “Caroggio del Gelsomino”.
La zona è quasi stata interamente distrutta dai bombardamenti del 1942 – 43 e, quindi, cementificata nel dopoguerra.
Qui all’angolo con Via Chiossone è rimasta miracolosamente intatta una Madonna della Misericordia del XVII – XVIII sec.
La piccola edicola, dotata di porta lume in ferro battuto, si fa notare per l’evidente sproporzione fra la figura della Vergine e quella del Beato Botta, ritratto invece piccolissimo ai piedi.
Il tabernacolo in stucco sotto il basamento è decorato con disegni floreali e, sopra, protetto da un tettuccio in ardesia.
In Via San Giorgio 2 colpisce l’emozionante Pietà rappresentata all’interno di un piccolo medaglione tondo marmoreo.
Il pronunciato rilievo datato XVII – XVIII sec. ritrae la Vergine che abbraccia il Cristo Morto.
Dell’edicola al civ. n. 22 di Via Ravecca rimane, in una piccola nicchia ad arco tondo, solo il basamento dove poggiava la statua.
Al posto della scultura originale andata persa è stata posta una piccola moderna statuetta in ceramica della madonna Regina.