Storia del “rovigliolo” (raviolo)…

 … del Paese della Cuccagna… di un poeta goliardico e… di un nostalgico musicista…

Già nel 1100 una pasta che conteneva un “roviglio” (ripieno) era patrimonio comune sulle tavole dei genovesi. Notizie certe sulla sua genesi, basate su fonti storiche, non ne risultano; molte località del Genovesato, di conseguenza, ne rivendicano la paternità.

Una delle versioni più diffuse è quella che ne farebbe risalire l’origine alla famiglia “Ravioli” di Gavi Ligure che, per prima, avrebbe proposto il succulento piatto. Nel ‘200, complice le fiere e i mercati del Piacentino e dell’Astigiano, il raviolo si sarebbe poi diffuso oltre l’Appennino, nel parmense con il nome di “tortello” e in Piemonte con quello di “agnolotto”.

Le prime tracce in ambito letterario risalgono al ‘300  quando  nel suo celeberrimo “Decamerone” il Boccaccio lo cita fra le leccornie nella novella sul Paese della Cuccagna in cui il protagonista Calandrino racconta: “… stava genti che niuna altra cosa facevan che far maccheroni e ravioli e cuocerli in brodo di Capponi e rotolano da una montagna di formaggio grattuggiato”. Raviolo in brodo certo, o cotto nel vino ma per me, come per il “Signore del violino”, la versione più appetitosa risulta essere quella condita con il “tuccu” (ragù alla genovese). In una lettera del 1839 di risposta ad un amico, infatti, Paganini ormai prossimo alla morte lontano dalla sua Genova, descrive minuziosamente la ricetta per preparare i ravioli e del “tuccu” con il quale si raccomanda di condirli.

Ecco perché il Raviolo è musica inarrivabile per il nostro palato!

In copertina: ravioli di una nonna di Murta.

Storia di una piantina regale…

… di una salsa… panacea di tutti i mali … di un
condimento ineguagliabile…
Alcune fonti storiche fanno risalire al “Moretum”, descritto da Virgilio, come composto antenato del pesto genovese.
Altre invece, più plausibili, raccontano di parentele con “l’agliata”, salsa prodotta un po’ in tutta la regione, utilizzata dai naviganti in gran quantità per le proprietà taumaturgiche contro infezioni e malattie, frequenti nei lunghi viaggi via mare.
Addirittura, secondo alcuni storici, il basilico (trad: dal greco erba del re), sarebbe giunto a Genova solo nel 1362 importato dal mercante, Leonardo Montaldo.
Il futuro Doge infatti lo avrebbe preso in prestito, intuendone le proprietà organolettiche, dai greci di Bisanzio che lo utilizzavano, proprio come i genovesi con i gerani, come pianta ornamentale sui balconi.
Il pesto, come lo gustiamo noi oggi, ha invece una storia inaspettatamente recente;
il primo che ne fa menzione scritta è Giambattista Ratto che, ad inizio ‘800 nella sua “Cuciniera genovese” snocciola la ricetta includendo, incredibile a dirsi, come formaggio, al posto di pecorino e parmigiano, il Gouda olandese!
Fu Emanuele Rossi nella “Vera Cuciniera genovese”, qualche anno più tardi a presentarne altre varianti e introducendo grana generico e pecorino italiano.
Nel 1910 Emerico Romano Calvetti propone una sintesi delle due precedenti ricette in cui, comunque, aglio e formaggio prevalgono sul basilico e, per fortuna, sparisce il formaggio dei tulipani.

th
“Il mortaio e gli ingredienti per il pesto”.


Il pesto è poi diventato patrimonio dei primi piatti genovesi, ognuno con i propri segreti e varianti, spesso aggiustato con fagiolini, patate e fiori di zucca.
In tempo di magra si condivano paste “avvantaggiate”, cioè ottenute mischiando farina bianca e integrale, nelle zone montane, anche di castagne.
Gli ingredienti come tutti sanno sono: basilico di Prà, olio e v della Riviera di Levante 0 comunque ligure, sale grosso di Cervia, pinoli di Pisa, aglio di Vessalico, parmigiano reggiano e pecorino sardo del Gavoi.
Questa è la formula rigidamente codificata dall’omonimo Consorzio.
Il pesto condisce e valorizza qualsiasi prodotto a cui venga abbinato ma, secondo il mio modesto parere, nulla soddisfa di più che l’accoppiamento con i “Mandilli de saea” (fazzoletti di seta), delle sottilissime lasagne, ottenute con un semplice impasto di acqua, farina e un goccio di vino bianco, prive di uova…
Dalla Regina Elisabetta, a Carlo d’Inghilterra, a Frank Sinatra solo per citare i primi nomi che mi sovvengono… nutrito è l’elenco dei suoi devoti estimatori…
Ecco perché il pesto è il condimento dei Re….