Vico Testadoro

Originariamente vico Testadoro era un vicolo unico che collegava direttamente Luccoli con Via S. Sebastiano.

Con l’apertura di Via XXV Aprile, nei primi decenni dell’Ottocento, il caruggio fu diviso in due (la parte verso Luccoli è infatti Vico Inferiore di Testadoro).

“Vico Inferiore Testadoro”. Foto di Giorgio Corallo.

Nei documenti antichi è indicato come Testa Auri (conchiglia o testa d’oro) il cui toponimo, secondo alcune fonti non certificate, deriverebbe dalla presenza in loco di un’omonima locanda.

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In copertina: Vico Testadoro. Foto di Raffaella Magherini.

Vico Angeli

Vico Angeli si trova nell’intricato dedalo di caruggi che compongono il sestiere della Maddalena.

Il toponimo, di cui si ha già notizia almeno dal 1798, trae origine dall’antica famiglia Angeli o De Angeli che qui aveva le proprie case.

Il personaggio di maggior spicco di tale casata fu Lorenzo che nel 1357 rivestì il ruolo di ambasciatore presso il Duca di Milano.

Anticamente il caruggio era noto come vico Testadoro. Mutò il nome per non confonderlo con l’omonimo vicolo che, all’inizio di via XXV Aprile, ospita la famosa trattoria dalla “Maria”.

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In copertina: Vico Angeli. Foto di Leti Gagge.

A street in Genoa 1851

“A street in Genoa” così è intitolato questo splendido dipinto in olio del pittore James Holland (1799-1870).

Nel 1851 infatti l’artista inglese soggiornò a Genova dove eseguì alcune delle sue opere più apprezzate:

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“Chiesa di San Pietro della Porta in Piazza Banchi”. Immagine tratta da https://www.pittoriliguri.info/pittori-liguri/holland-james/
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“Veduta della Foce” Immagine tratta da https://www.pittoriliguri.info/pittori-liguri/holland-james/
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“Lavandaie presso il fossato di S. Ugo“. Immagine tratta da https://www.pittoriliguri.info/pittori-liguri/holland-james/

Tra queste quella che mi ha incuriosito maggiormente è la vivace rappresentazione di via della Maddalena.

“Veduta della Lanterna dalla Villa del PrincipeImmagine tratta da https://www.pittoriliguri.info/pittori-liguri/holland-james

Lo si evince ingrandendo l’immagine sopra la targa del negozio dei cappelli dove è infatti appuntato “quartiere della Maddalena Genova”.

Anche se l’edicola sullo sfondo non corrisponde alla realtà (al suo posto oggi vi è quella di San Francesco da Paola) perchè l’originale settecentesca Madonna dell’Immacolata Concezione qui rappresentata è andata perduta, siamo probabilmente all’altezza della casa natale di Simone Boccanegra.

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“Altra versione dello stesso scorcio”. Immagine tratta da https://www.pittoriliguri.info/pittori-liguri/holland-james/

Spettacolari i dettagli dove, tra sapienti giochi di luce e chiaro scuri assai verosimili, tipici dei caruggi, si muovono i protagonisti della scena: in primo piano sulla destra la figura seduta a terra accanto ad una botticella di legno sembra appisolata; al centro della mattonata una coppia in abiti signorili si sofferma ad ammirare le merci di una venditrice ambulante seduta sul ciglio; sull’altro lato cammina una signora con gonna rossa e scialle bianco sulle spalle; tra la folla s’intravvede un’altra donna con cappello bianco che avanza in direzione contraria; sullo sfondo s’intuiscono, sfumati in lontananza, gli altri personaggi che affollano il vicolo; la presenza del camallo che procede con un sacco sulle spalle conferisce dinamicità alla scena; parcheggiata su un lato una elegante portantina nera con finiture dorate accanto alla quale riposa assiso sopra un gradino un facchino. Chissà forse i suoi passeggeri sono gli eleganti signori di cui sopra o altri che aspetta escano dall’antistante negozio di cappelli?

Fuori dalla porta della bottega una donna vestita di scuro con velo bianco sembra discorrere con le fioraie che espongono le proprie mercanzie sul tavolino in primo piano.

James Holland con questo delizioso dipinto ci ha lasciato una splendida istantanea di una Genova che non c’è più e che nemmeno attraverso foto o cartoline antiche sarebbe stato possibile raccontare.

In Copertina: A street in Genoa conservato al Brighton Museum and Art Gallery.

Piazza Negri

Da Sarzano scendendo in Stradone S. Agostino sulla destra si apre piazza Renato Negri.

Da qui si accede al sagrato di S. Agostino, l’inconfondibile chiesa a fasce bicrome che costituisce forse il più significativo esempio di gotico in città.

Sul portale a sesto acuto risalta la secentesca lunetta con l’affresco del santo di G. B. Merano.

Al centro della navata un grande oculo con ai lati due bifore. In cima sono posti tre calchi di statue, i cui originali trecenteschi sono conservati nell’omonimo museo: S. Agostino – appunto – San Pietro e una Madonna con Bambino.

Sulla sinistra nel 1701 venne fondato il teatro di S. Agostino che, fino alla costruzione del Carlo Felice oltre un secolo dopo, fu il principale teatro cittadino.

Qui nel 1795 si esibì per la prima volta in pubblico un musicista tredicenne che con il suo violino avrebbe stregato il mondo intero: Niccolò Paganini.

Successivamente divenne prima Teatro Nazionale, poi cinema Aliseo e dal 1986 Teatro della Tosse.

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In copertina: Piazza Negri con la chiesa di S. Agostino e il teatro della Tosse.

Foto di Leti Gagge.

Stradone S. Agostino

La direttrice, detta appunto stradone, per via delle sue ragguardevoli dimensioni, di S. Agostino venne aperta nel 1670 con lo scopo di collegare piazza Sarzano, a quel tempo la principale della città, con il palazzo Ducale.

Ben presto l’arteria divenne snodo di traffico e transito vitale per la zona e percorso obbligato e privilegiato per le seguitissime processioni delle Casacce a capo delle quali vi erano Vescovo e Doge insieme.

Ancora oggi percorrendolo non mancano le attrattive: partendo da Sarzano possiamo ammirare infatti la chiesa, il museo di S. Agostino e l’omonimo teatro, attuale teatro della Tosse; di fronte si stagliano le imponenti Mura del Barbarossa con lo spettacolare portone di accesso al Palazzo del Vescovo, odierna sede della facoltà di Architettura; in fondo infine si arriva allo scrigno di San Donato con il suo inconfondibile campanile.

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In copertina: Stradone S. Agostino. Foto di Leti Gagge.

Vico alla Casa di Mazzini

Da Via Cairoli s’imbocca vico alla Casa di Mazzini che introduce in Via Lomellini al quattrocentesco Palazzo Adorno.

L’edificio nella versione odierna è frutto della ristrutturazione di metà ‘800.

Nel 1925 è stato dichiarato monumento nazionale e dal 1934 ospita la sede del museo del Risorgimento italiano perché fu – appunto – a partire dal 1794 la dimora natale dell’apostolo della Libertà.

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In copertina: Vico alla Casa di Mazzini. Foto di Stefano Eloggi.

Piazza Sant’Elena

Senza nulla togliere allo scatto del fotografo vedere piazza Sant’Elena deserta a quelli della mia generazione fa un po’ impressione.

Infatti la piazzetta che deve il suo nome all’omonimo scomparso oratorio di Sant’Elena si affaccia su via Gramsci e dal secondo dopoguerra fino ai primi anni ’90 ospitava il frequentatissimo mercatino di Shangai dove si poteva trovare veramente di tutto, dall’abbigliamento all’elettronica, ai generi di contrabbando ed ogni altro tipo di merce.

Non bastano nei giorni di maggiore afflusso di avventori i tavolini dell’attigua trattoria dell’Acciughetta per lenire la nostalgia del passato.

Mentre scrivo mi sembra di ascoltare ancora il vivace e colorito proporre le proprie mercanzie e il contrattare dei venditori che animavano la piazzetta.

Momenti di vita quotidiana dell’angiporto immortalati anche in una scena in bianco e nero del film “Au dela des Grilles”, ovvero in italiano “le Mura della Malapaga” del 1949 di Renè Clement in cui alle spalle del protagonista Pierre interpretato da Jean Gabin un commerciante vende una saponetta ad un cliente.

Per fortuna gli allegri colori di alcuni edifici della piazza in contrasto con il grigio della pietra mantengono vivido lo sbiadito ricordo in bianco e nero del tempo che fu.

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In copertina Piazza Sant’Elena. Foto di Stefano Eloggi.

Mascherona

Percorrendo via e salita di Mascherona, nonostante i bombardamenti della seconda guerra mondiale che hanno devastato la contrada, si ha ancora la suggestiva sensazione di essere in pieno Medioevo.

La creuza mista di pietre e mattoni rossi, le tracce di cornici e di archetti dei palazzi dalle tinte pastello o a bande bianco nere con i tetti in ardesia conferiscono al luogo un indubbio fascino.

Incerta è l’origine del toponimo che pare derivi da una forma dialettale arcaica con la quale si delimitava questa zona in pendenza dalla collina di Castello alla chiavica. Quest’ultima scorreva a valle in corrispondenza dell’attuale via dei Giustiniani.

La salita costeggia il Conservatorio di Musica ricavato in quello che un tempo era l’antico monastero di N.S. delle Grazie e a fianco l’edificio che nell’ottocento ospitò il Liceo D’Oria.

Salita Mascherona era nota anche perché vi si trovavano un paio di frequentati teatri: il Edmondo Rossoni all’interno di un oratorio dismesso e, al civ. n. 9, il più celebre Podestà, noto anche come Teatro del Popolo, in voga fino al 1922.

In copertina: via di Mascherona. Foto di Leti Gagge.

Vico Morchi

Vico e piazza Morchio o Morchi devono il nome alla famiglia originaria dei dintorni di Rapallo dal 1350.

Costoro in città possedevano una casa con relativa torre ancora oggi visibile dal lato di Piazza Caricamento.

Nel 1528 con la riforma degli Alberghi voluta da Andrea D’Oria la famiglia fu ascritta in quella dei Giustiniani.

All’angolo con Sottoripa una lapide ricorda che qui aveva sede l’albergo Croce di Malta che ospitò molti personaggi illustri: Fenimore Cooper, Henry James, Mary Shelley, Stendhal, Flaubert, Mark Twain e Giuseppe Verdi.

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In copertina Vico Morchi. Foto di Stefano Eloggi

Salita degli Angeli

Salita degli Angeli con la sua caratteristica mattonata è l’antichissima creuza che collegava la collina di San Benigno con il percorso delle secentesche mura della porta degli Angeli che sorgeva in prossimità dell’omonimo convento con annesso ospitale.

Arrivati in cima alla ripida mulattiera si gode di un panorama mozzafiato che spazia dal Porto Antico a Capo Mele.

Non è certo un luogo turistico di passaggio eppure i colori rosso mattone, rosa pastello e giallo ocra delle case sono gli stessi dei borghi marittimi più celebrati e famosi della Superba e ci raccontano una storia “carica di sale, gonfia di odori”.

Questo proprio perché un tempo anche questi lidi, oggi relativamente distanti dal mare, erano lambiti dalle onde.

Fino all’Ottocento infatti quando cominciarono i riempimenti per l’ampliamento delle strutture portuali, la piazza da cui dipana la salita – come del resto l’intero borgo – aveva il mare a pochi metri di distanza.

Si respirava quindi odore di salmastro ma anche olezzo di cadaveri in attesa di sepoltura.

Tanto è vero che qui in quella che oggi è Piazza Di Negro, sul ciglio del fossato di S. Teodoro, fin dal ‘200 erano collocate le forche e vi si eguivano le impiccagioni.

Il nome della piazza rimanda invece all’omonima famiglia patrizia che qui fece edificare nel XVI secolo la dimora di villeggiatura ancora oggi esistente: villa Di Negro, poi Durazzo, poi Rosazza.

Fra i Di Negro si annoverano numerosi capitani, alcuni ammiragli, parecchi senatori della Repubblica, un doge e un cardinale. Non vanno tuttavia dimenticati l’erudito astrologo e poeta Andalò che fu nel ‘300 maestro di Boccaccio e il letterato marchese Gian Carlo che fece della sua dimora nel ‘700 un apprezzato luogo d’incontro delle migliori menti europee.

La villa era impreziosita da un ampio giardino, scomparso con l’ottocentesca costruzione delle strade che degradava fino alla riva e da uno scenografico parco, ancora esistente, adagiato sulla collina retrostante.

Proprio per la sua privilegiata posizione la villa era detta dello Scoglietto.

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In copertina: Salita degli Angeli. Foto di Leti Gagge.