Proveniente dal nuovo mondo il cacao, per la prima volta, venne importato da Cristoforo Colombo, durante il suo quarto viaggio nel 1502. L’esploratore ne fece dono, insieme ad una piantagione del frutto, all’imperatore di Spagna Carlo V che però non seppe che farsene.
Rimase questo episodio isolato perché è solo con il Conquistador Hernan Cortès che, a partire dal 1519, la pianta venne importata con maggior frequenza nel vecchio continente divenendo prodotto di smercio quasi esclusivamente spagnolo.
Il primo carico documentato di cioccolato verso l’Europa a scopo commerciale viaggiò infatti nel 1585 su una nave dal porto di Veracruz, in Messico, a quello di Siviglia. Qui infatti aveva sede il Reale Consiglio delle Indie, l’organismo attraverso il quale la corona spagnola controllava tutti i traffici commerciali, l’amministrazione, gli aspetti militari e religiosi delle proprie colonie d’oltre oceano. Snodo logistico di tutte le movimentazioni merci divenne il porto di Cadice dove, come del resto a Siviglia, i Genovesi registravano una forte e ben radicata presenza.
Il cioccolato veniva sempre servito come bevanda, ma gli europei e in particolar modo gli ordini monastici spagnoli, depositari di una lunga tradizione di miscele e infusi, ci aggiunsero la vaniglia e lo zucchero per correggerne la naturale amarezza e tolsero il pepe e il peperoncino, aromi con cui invece gli indios erano soliti consumarlo.
A cavallo fra ‘500 e ‘600 il cacao fu probabilmente importato in Italia, e precisamente in Piemonte, da Caterina, figlia di Filippo II di Spagna, che sposò nel 1585 Carlo Emanuele I, duca di Savoia. Nel Seicento il cacao arrivò in Toscana e in Veneto. Per questo motivo le prime città a produrre il cioccolato furono nel 1606 Torino, Firenze e Venezia.
Nel 1615 Anna d’Austria, sposa di Luigi XIII, introdusse il cioccolato in Francia dove fra il 1659 e il 1688, l’unico cioccolataio presente a Parigi fu David Chaillou.
Nel 1650 il cioccolato venne commercializzato anche in Inghilterra. A Oxford si iniziò a servire il cioccolato negli stessi locali in cui si serviva il caffè.
In Italia risale al 1678 la prima autorizzazione concessa dalla Casa Reale Sabauda “a vendere pubblicamente la cioccolata in bevanda”.
Nel XVII secolo divenne un lusso diffuso tra i nobili d’Europa. Gli olandesi, abili navigatori e mercanti, strappano agli spagnoli il controllo mondiale e il predominio commerciale del cacao.
Nacquero così, nel secolo successivo, presso la gaudente Venezia le prime botteghe di caffè, gestite da ebrei che, come quelle presenti a Oxford, offrivano anche la cioccolata.
Alla fine del XVIII secolo fu inventato a Torino dal maestro cioccolatiere Doret il primo cioccolatino da salotto. Nell’ottocento la tradizione del cioccolato era talmente radicata a Torino e in Piemonte che gran parte dei cioccolatai attivi in Italia come, ad esempio, Gay-Odin a Napoli e la Bottega del cioccolato a Roma, erano originari di questa regione.
Nel 1802 un genovese, tal Bozzelli mise a punto uno strumento idraulico per raffinare la pasta di cacao e miscelarla con zucchero e vaniglia. Nel 1819 sul lago di Ginevra Francois-Louis Cailler elaborò un composto morbido che gli permise di ottenere per primo un prodotto destinato a rivoluzionare la storia del cacao: la tavoletta di cioccolato.
In realtà furono gli inglesi, l’anno successivo, a perfezionare il procedimento dell’artigiano svizzero e a produrre per primi su larga scala l’innovativo prodotto.
Nel 1826, sempre a Torino, Pierre Paul Caffarel iniziò lo smercio di cioccolato in grandi quantità grazie a una nuova macchina capace di produrre oltre 300 kg di cioccolato al giorno. Nel 1828 l’olandese Conrad J. van Houten brevettò un metodo per estrarre il grasso dai semi di cacao trasformandoli in cacao in polvere e burro di cacao. In virtù di questo procedimento chimico, attraverso il quale moderavano il gusto amaro del cacao, gli olandesi acquistarono grandi fama e prestigio.
Nel 1852 a Torino Michele Prochet cominciò a miscelare cacao con nocciole tritate e tostate creando la pasta Gianduia che verrà poi prodotta sotto forma di gianduiotti incartati singolarmente.
Nel 1875 con l’aiuto di un giovane commerciante di cibi per l’infanzia di nome Henri Nestlè, gli svizzeri scoprirono come rimuovere l’acqua presente nel latte ed eccelsero nella produzione di cioccolato al latte.
Nel 1879 Rudolph Lindt infine inventò il processo chiamato “concaggio” che consisteva nel mantenere a lungo rimescolato il cioccolato fuso per assicurarsi che la miscelazione fosse omogenea e armonica. Nacque così, prodotto con questo metodo, “cioccolato fondente”.
Fu dopo la metà dell’Ottocento che si impiantarono le prime fabbriche italiane di cioccolato, le ancor oggi famose Caffarel, Majani, Pernigotti, Venchi e Talmone. La crescente diffusione del cioccolato fece sì che nel secolo scorso ne fosse introdotta la produzione a livello industriale grazie a grandi aziende come: Perugina, Novi, Peyrano, Streglio, Unica e Ferrero.
E Genova?
Se un genovese Colombo importò per primo il cacao e un genovese, sempre per primo, inventò un macchinario per migliorarne la produzione, la nostra città non può mancare all’appello.
La presenza dell’arte pasticcera a Genova è documentata già dal 700. Ne sono golosa testimonianza i nomi dei caruggi di “ Vico del Cioccolatte”, “dello Zucchero”, della “Fragola” nella zona del Carmine.
E’ il tempo in cui nascono prestigiose botteghe come Romanengo nel 1780, Pasticceria Villa poi Profumo nel 1827, Klainguti nel 1828, Preti nel 1851, la settecentesca Liquoreria Marescotti rilevata dalla famiglia Cavo a fine ‘800, e Panarello nel 1895.
Anche nell’arte del cioccolato i genovesi vantano una solida e radicata tradizione. Sul finire dell’ottocento la Superba annoverava infatti ben 45 imprese artigiane cioccolatiere. Per numero e qualità nulla avevano da invidiare ai celebrati maestri piemontesi.
Per nostro gaudio la favola continua, golosa più che mai, grazie a Viganotti dal 1866 presente in Vico Castagna, a Tagliafico in Via Galata dal 1890, alla Pasticceria Svizzera dal 1910 in Via Albaro, a Buffa in Via Fiasella dal 1932 e a Zuccotti in Santa Zita dal 1933.
Artigiani, anzi artisti, che con la loro passione e perizia mantengono alto l’orgoglio e l’umore nelle nostre feste.
QUANTE BONTA’ INVITANTI E GOLOSISSIME
Consolatio aflictorum: tirarmi su.