… di un miracolo… di una sorgente… di chiese…
Appartenente alla nobile schiatta della famiglia alessandrina dei Canefri, il giovane Ugo s’imbarcò da Genova alla volta di Gerusalemme dove, in veste di cavaliere gerosolimitano, prese parte alla terza Crociata (1189-1192).
Di ritorno da quella formativa esperienza si arruolò nei Cavalieri di S. Giovanni, gli antesignani del Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta.
Ugo compì la sua metamorfosi, da combattente sul campo, ad infermiere nelle retrovie. Gli venne affidata la prestigiosa gestione dell’Ospitale (l’appellativo Commenda risale al XIV sec.) di San Giovanni dove, per circa 50 anni, si dedicò al soccorso e all’assistenza dei pellegrini in partenza o al rientro dalla Terrasanta.
Uomo pio e timorato di Dio, terminate le sue attività quotidiane, amava ritirarsi in solitaria preghiera in una piccola grotta lungo la collina sovrastante l’ospizio, vicino ad un torrentello che sgorgava tra Oregina e San Barnaba. Il rivo scorreva a cielo aperto e sfociava nel mare nei pressi dell’antico approdo di Capo d’Arena, intitolato poi, a Santa Limbania.
Numerosi i miracoli di cui è stato protagonista: aver salvato una nave da un naufragio e trasformato acqua in vino, questi ed altri prodigi, raccontati da un ciclo di piccoli affreschi dipinti sulla navata di sinistra della chiesa Inferiore, nei resti della cappella a lui intitolata.
Ma il più celebre di questi episodi fantastici è noto come “Il Miracolo di S. Ugo”:
leggenda narra che, desideroso di accontentare le lavandaie del nosocomio che per pulire i loro panni erano costrette a percorrere in salita un tragitto lungo e faticoso, fece scaturire da un masso del fossato una fresca e zampillante sorgente.
Le inservienti infatti lamentavano la scarsità d’acqua che si accumulava nel fossato solo dopo lunghi giorni di pioggia. Fu così che il Santo, dopo ripetute preghiere, fece sgorgare dal sasso una polla perenne, utile non solo alle domestiche, bensì a tutta la popolazione dei paraggi.
Di fatto la Piazza davanti alla stazione di Porta Principe, chiamata “Acquaverde”, prende il nome dallo stagno formato da quel rivo.
Nella seconda metà dell’800, in seguito ai lavori di costruzione ed ingrandimento dello scalo ferroviario, questi luoghi della memoria sono stati sepolti e distrutti ma la sorgente, in un primo momento scomparsa, non si è arresa all’oblio dei tempi ed ha ripreso a sgorgare rigogliosa.
La polla esiste tuttora e rifornisce la fontanella posta in Via Prè, vicino all’ingresso della chiesa Superiore di S. Giovanni e, all’interno della stazione, i bagni e le utenze della stessa.
La fonte, per secoli, è stata ritenuta possedere virtù taumaturgiche e i luoghi del Santo venerati e onorati dalla cittadinanza con l’erezione di una cappella a questi dedicata.
Il miracolo di S. Ugo è egregiamente rappresentato da un settecentesco quadro di Lorenzo De Ferrari custodito, sopra un altare laterale, nella chiesa Superiore di S. Giovanni. Se l’edificio Inferiore merita assolutamente menzione per la magica (cappelle di S. Brigida e S. Margherita) atmosfera in cui è avvolto, non da meno è il tempio Superiore, l’ultima splendida testimonianza di una chiesa interamente costruita in pietra nera di Promontorio, la pietra indigena proveniente dalla cava di S. Benigno, luoghi dell’anima dove, con un po’di fantasia, si possono ancora ascoltare il metallico scalpitio dei cavalieri, i lamenti dei malati, le urla di Cardinali assassinati, lo sferragliare dei Crociati, le arringhe dell’Embriaco e… le preghiere di S. Ugo.
Da bambina una vecchia zia mi raccontava la vita dei Santi più conosciuti, ma non sapevo niente di Sant’ Ugo. Mi è piaciuto molto leggere della sua vita e dei suoi miracoli e sapere che la fonte sgorgata per un suo miracolo esista ancora adesso.