Nel secondo chiostro di S. Maria di Castello (un tempo luogo di sepoltura della nobile famiglia dei Grimaldi dell’Oliva), poco distante dalla Loggia della celebre “Annunciazione” di Giusto da Ravensburg, è custodita una lastra tombale di pregevole fattura, testimonianza di arguta metafora.
Realizzato in marmo bianco di Carrara con cornice in pietra nera di promontorio il sarcofago tardo quattrocentesco è attribuito ad un membro dell’illustre dinastia di scultori dei Gagini.
Raffigura infatti la morte nella più classica delle rappresentazioni: uno scheletro con intorno scolpito un nastro recante i nomi dei fratelli Grimaldi ivi sepolti (Lionello ed Emanuele), armato di arco, falce e faretra, i simboli del Cristo Mietitore. Ai suoi piedi un cospicuo cumulo di monete, un vero e proprio tesoro, meglio sarebbe dire bottino dato che, come costume diffuso del tempo, anche l’illustre schiatta dei Grimaldi praticava la pirateria.
Sul festone è inciso un motto latino che, attribuito a San Gerolamo, recita:
Facile comptemp<n>it omnia qui sese cogitat moriturum.
Il cui senso tradotto è: “disprezza facilmente ogni cosa facilmente chi si pensa prossimo alla morte”.
Ovvero: “A che serviranno le ricchezze nell’aldilà?, certamente non a evitare il tuo mortale destino”. Come d’altra parte non sono servite ai Grimaldi, fondatori fuggiaschi di un Principato e traditori della patria!
Foto di Bruno Evrinetti.
Di recente ho visitato Santa Maria di Castelli ma purtroppo la lapide non l’ho notata.
Male… Spesso I volontari che accompagnano le visite trascurano questa tomba “appesa”. Ma sono ampiamente giustificati dal fatto che in un’ora devono mostrare ciö per cui di ore non ne basterebbero sei.