La piazza e il vico prendono il nome dalla nobile famiglia dei Fregoso originaria del piacentino che, fin dai tempi remoti, si stabilì in Val Polcevera.
Sul finire del ‘300 il casato iniziò, grazie alle imprese di Domenico Campofregoso, la sua ascesa al potere.
Per tutto il ‘400 i Fregoso annoverarono dogi, arcivescovi, cardinali e furono protagonisti della scena genovese in aperto contrasto con gli acerrimi rivali degli Adorno.
Nel 1528 con la riforma voluta da Andrea D’Oria fu impedito loro di costituirsi da soli in albergo e confluirono, decretando il proprio declino, in quello dei De Fornari.
Sul fronte del palazzo della piazza all’angolo con vico del Campo è affissa una lapide che recita:
DOM / Pensiones. Huius Domvs. Assignatae / Perpetuae. Celebrationi Dvar. / Missar.a. Defvnctis. in. Svffragiv. / Animae. M. Lvcretiae. Fillae (-) Ill.mi. /Iacobi Dvratv Vxoris (-) M.ci. / Panthaleonis Balbi. Eivsq / Ascendentivm. et Svccessor / Qvae. Sic. Pvblicis Tabvlis / Testamenti Eivsdem. Manv / Io. Iaci. Cavalli Notarv Faciendvm / Legavit. Die. 30. Decis. An. 1628.
Le rendite (es. canoni di locazione) di questa casa sono destinate in perpetuo alla celebrazione di messe in suffragio dell’anima della defunta Lucrezia figlia di Giacomo Durazzo (doge di Genova) e moglie di Marcello Pantaleo Balbi, ai suoi ascendenti e discendenti, in base a un legato del testamento pubblico redatto dal notaio Giovanni Giacomo Cavalli il 30 dicembre 1628.
Traduzione di Maurizio Miglietta.
In copertina: la lapide dei Fregoso. Foto di Giovanni Caciagli.